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mercoledì 30 agosto 2017

DOPO I TRE GIORNI DI BUIO J.N.S.R


“...A tastoni entrarono, l’Uomo e la sua Luce. Si ritrovarono in un luogo sconosciuto, dove c’erano già molte persone. Non si potevano vedere tra loro, ma si sentivano tutti vicini gli uni agli altri. 
Quante ore rimasero in quella oscurità ? Lo seppero molto tempo dopo; ma là, in quella oscurità, era accaduto qualcosa. Quando tornarono a vedere la luce, non capirono che cosa fosse successo, ma erano tutti cambiati, tutti come nuovi; e le Loro luci si erano tutte riunite in una sola. Non se ne resero conto, tanto esse brillavano insieme, formando un'unica luce. 

Dopo si ricordarono, all'improvviso, che avevano vissuto come un sogno troppo breve, mentre per gli altri era stato come un incubo interminabile. Era stato diverso da uno all'altro, ma tutto era durato 3 lunghi giorni. Ognuno aveva, dunque, la sua verità che avevano vissuto in quella oscurità. E ognuno diceva di non ricordarsene. 

In seguito, quando la Luce del Giorno apparve loro, essa divenne sempre più luminosa e pura. Sì, pura come quel Giorno Nuovo che appariva, e come loro stessi erano diventati: puri grazie a quella Luce di DIO che era in loro e che li invadeva fino a staccarsi dai loro corpi di carne per divenire "figli di Luce". 

Incredibilmente, erano tatti nuovi, e si sentivano sulla via della VERA VITA. Non avevano più né la stessa identità, né lo stesso modo di pensare. Dove si trovavano così, tutti insieme? Senza troppo interrogarsi, continuavano a camminare, quando ad un tratto si resero conto di essere arrivati ognuno alla “propria Dimora”. 

Non era quella la dimora che avevano lasciato, quella che avevano conosciuto – dissero loro gli Angeli – ma quella che avrebbe dovuto essere da sempre la loro vera dimora.

Prima ancora di entrarvi, come quando ci si scalza davanti a un Luogo Santo, essi lasciarono fuori il loro doppio, (il loro corpo di carne) che avrebbero dovuto riprendere poi, uscendo da quella Santa Dimora.

Essi entrarono tutti, uno di seguito all'altro. Tutto era perfetto, tutto era come quando avevano lasciato quel Luogo Santo, prima di andare sulla Terra, dove dovevano prendere corpo. (Era il momento della loro nascita sulla Terra.)

 Colui che mi ascolta, mentre racconto questa storia, sia certo che non è una favola, ma è vera, è una storia vera. È così che vi ritroverete, proprio come me, nella Casa del Signore, dove solo le anime sono entrate per vedere e riconoscere Colui che è Padre di tutti gli uomini, creati a Sua Immagine (Spirito) e che, fin dalla Creazione del Mondo, sono vissuti con Lui.

Se il Padre è sempre invisibile, quelli che vi sono appena entrati, lo sono come Lui. È il FIGLIO che vi ha portati fin qui, perché è arrivato il tempo dell’Incontro.

Uscendo, voi ritroverete il vostro corpo, ma glorioso, come avvenne a Gesù al momento della Sua Santa Resurrezione. Dopo aver visto il Padre della Gloria Eterna, Egli ha ritrovato il Suo Corpo di carne, "glorioso" della gloria del Padre Suo e Nostro Padre. Fu in quel momento che le anime del Limbo, anime degli Antenati, raggiunsero, con Gesù Cristo, il Padre Benedetto dei Viventi della Terra, e dei Viventi del Cielo. 

Quei giorni di oscurità sono esattamente i giorni della tomba. Anziché spaventarvi, sappiate che quei giorni, tre in totale, passati nell’intimità profonda della vostra anima con DIO, sostituiranno la vostra morte, e voi non passerete più attraverso la spregevole morte, intronizzata da Satana. 

Perché al vostro risveglio, voi non vedrete che quel Giorno Nuovo, eterno, nella Sua Divina Luce. E non ci sarà più morte. 
Voi recupererete, allora, la vostra completa identità in Cristo Gesù. Amen.

Io vengo presto perché siete voi la causa di questa precipitazione. Il Mondo si agita inconsapevolmente e tutto diventa minaccia per le popolazioni che non trovano soluzione. 

Ritornare a DIO è l'unica e sola via: l’Uomo appartiene a DIO, ed Io sono il suo unico rifugio nella tempesta che si prepara per presto. 

Sì, tutto scomparirà prima di rinascere in un Mondo Nuovo, dove DIO sarà riconosciuto come Colui che è il Padrone, il Padre e il Figlio Diletto che Si confonde in voi tutti. 
Voi sarete tutti come dei piccoli bambini.

Vieni Signore Gesù.
Pubblicato da Monica Pazzaglini alle 10:20 1 commento:
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IO SONO L’IMMACOLATA CONCEZIONE

È con questa frase che la Santa Vergine Maria, il 25 marzo 1858, si presentò al Mondo nominandosi così a Santa Bernardetta:

“Io sono l’Immacolata Concezione”


“O Maria concepita senza peccato, prega per noi che a Te ricorriamo.”

Maria è nata senza macchia, come dovevano nascere tutti i figli della Terra. Maria non è passata attraverso il peccato originale, come sono passati tutti i figli della Terra, dopo i nostri progenitori, Adamo ed Eva, dai quali è venuta la colpa.

Se oggi, il Tempo della Fine sta per svanire con tutti i peccati della Terra, è naturale che la decisione di DIO sia formale. Presto, tutti i figli chiamati da DIO, dovranno rinascere nuovamente dallo spirito e dall’acqua, (Parole di Gesù a Nicodemo). È con un Battesimo Spirituale, mediante lo Spirito Santo che è Dio, che questa Trasfigurazione Divina si opererà in ogni creatura di DIO, affinché ogni figlio della Terra abbia in sé l’Identità di GESÙ Cristo, come Lui ci ha promesso.

Quando GESÙ  offrì questa “Umanità straziata” alla Sua Santa Madre, Egli stava spirando sulla Sua Santa CROCE d’Amore. Fu l’eredità che DIO lasciò per testamento alla Sua Santa Madre Maria: erano tutti i figli che Egli stava riscattando a caro prezzo sulla CROCE.

Il dogma che il Papa Pio IX promulgò quattro anni prima dell’apparizione a Lourdes, dichiarava che “Maria è stata preservata dal peccato originale”.

Maria ha dato il Suo Sangue e la Sua Carne al FIGLIO di DIO, e il Sangue di DIO è prezioso. È il Sangue Prezioso (come è stato) dichiarato dalla Chiesa.

GESÙ Cristo ha deciso che, quando sarà giunto il Tempo della Nuova Terra, tutti i figli chiamati da DIO, avranno la Sua Identità, promessa da Cristo Gesù. Per ottenerla, voi dovete rinascere nuovamente dallo Spirito e dall’Acqua. È un Nuovo Battesimo per una Nuova Nascita, come Gesù aveva annunciato a Nicodemo. L’uomo non può vivere con DIO, se non è divino come Lui.

Donarci a Sua Madre, secondo Gesù, vuol dire farci passare attraverso di Lei, che è nata da DIO. La Sua Concezione Immacolata è confermata da questa nuova prova, già annunciata dai Vangeli:

“Se Io devo tacere, parleranno le pietre per Me!”

Il sangue delle statue di pietra, di Gesù e di Maria, ha parlato. È stato analizzato, ed è lo stesso sangue del Figlio e della Madre, sangue molto raro, perché non esiste in nessun gruppo sanguigno di sangue umano.

Gesù Cristo, Figlio di DIO e DIO Egli stesso, è il Signore dei Signori, al quale DIO Padre ha rimesso il Mistero della Trasfigurazione dei figli della Terra. Essi devono passare da questo Mondo alla Nuova Terra mediante Maria, la Divina Immacolata Concezione, confermata dal Sangue Divino delle statue, sgorgato con quella forza ascensionale che fece salire Maria al Cielo, nella Sua adorabile Assunzione, che è divina.
Solo la Trinità è salita al Cielo visibilmente, nella persona di Gesù,  perché essendo DIO, ogni Persona della Santa Trinità è trinitaria.

Maria Santissima, Madre della Chiesa, è la “Divina Concezione Immacolata”. È la Madre di DIO, che deve fare passare, attraverso di Lei, la Chiesa con tutti i suoi membri, suoi figli, come è passato attraverso Lei, il FIGLIO di DIO, per regnare sulla Terra con tutti i figli e le figlie della Terra, diventati figli di Luce, a immagine del FIGLIO di DIO. Gesù è diventato FIGLIO dell’Uomo, passando per Maria, mediante la Sua Concezione Divina e Immacolata.

Se riconosciuta dalla Chiesa, quest’ultima ritroverà tutta la sua gloria, insieme ai suoi membri, che riconosceranno la Divinità della Concezione Immacolata di Maria.

GESÙ Cristo, fatto Uomo, è il Primo che ha percorso il cammino di grazia di DIO, per dire alla Chiesa:

Venite e seguiteMi !

Io sono la Chiesa di DIO.
Venite a Me, passando per Maria, nostra Madre !

È il TRIONFO di MARIA e, tramite LEI, è il TRIONFO della Chiesa.

È Maria che esce dal deserto.
È la morte del Dragone con le sette teste.
È la Resurrezione della Nuova Terra,
con la Nuova Nascita di tutti i Suoi figli
chiamati a vivere con DIO.

Io Sono la CHIESA di DIO.
Io sono la MADRE della CHIESA.

GESÙ e MARIA, i Due Santi Cuori Uniti.

Pubblicato da Monica Pazzaglini alle 10:00 Nessun commento:
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PREGHIERA DI OFFERTA DELLA VITA


PREGHIERA DI OFFERTA DELLA VITA
 (data a Suor Natalia Magdolna dalla Vittoriosa Regina del Mondo) 


"Mio dolce Gesù: di fronte alle persone della Santissima
Trinità, davanti alla nostra Madre del Cielo e tutta la Corte Celeste, offro - secondo le istruzioni del Tuo Cuore Eucaristico e del Cuore Immacolato di Maria Santissima - tutta la mia vita, tutti la mie Sante Messe, Comunioni, buone opere, sacrifici e sofferenze, unendoli ai meriti del Tuo Sangue Santissimo e della Tua morte in Croce: per adorare la Santissima Trinità gloriosa, per offrirle riparazione delle nostre offese, per l'unità della nostra Santa Madre Chiesa, per i nostri sacerdoti, per le buone vocazioni sacerdotali e per tutte le anime fino alla fine del mondo.

Ricevi, Mio Gesù, la mia offerta di vita e concedimi la grazia di perseverare in essa fedelmente fino alla fine della mia vita.

Amen."


 "...Se qualcuno, mia figlia, fa solo una volta l'offerta della vita. Capisci, figlia Mia? Se solo una volta, in un momento di grazia, si è acceso nel suo cuore il fuoco dell'amore eroico, con questo ha sigillato tutta la sua vita! La sua vita, anche se non ne è consapevole, è ormai possesso di Entrambi i Sacri Cuori. Per mio Padre il tempo non esiste. La vita dell'uomo sta davanti a lui tutta intera..."
LE 5 MERAVIGLIOSE PROMESSE

1. I loro nomi saranno inscritti nel Cuore di Gesù,  ardente d'amore, e nel Cuore Immacolato della Vergine Maria.

2. Per la loro offerta della vita, insieme con i meriti di Gesù, salveranno molte anime dalla dannazione. Il merito dei loro sacrifici beneficherà le anime fino alla fine del mondo.
3 Nessuno tra i membri della sua famiglia si condannerà, anche se dalle apparenze esterne così sembra, perché prima che l'anima lasci il corpo riceverà nel profondo dell'anima la grazia del pentimento perfetto.
4. Nel giorno della sua offerta, i membri della sua famiglia che erano in Purgatorio,  usciranno di lì.
5. Al momento della sua morte, io sarò al suo fianco e porterò la sua anima, senza passare attraverso il Purgatorio, alla presenza della Gloriosa Santissima Trinità, dove, nella casa fatta dal Signore, gioirà per sempre con me.
Pubblicato da Monica Pazzaglini alle 09:48 Nessun commento:
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martedì 29 agosto 2017

L'ENIGMA MARIA VALTORTA (saggio)

Si tratta di un dettagliatissimo affresco, corredato di 800 personaggi, di cui 500 storicamente accertati e noti solo a qualche ebraista, bizantinista o archeologo, con descrizioni geografiche e topografiche dettagliatissime di 255 luoghi della Palestina e della Siria che solo scavi archeologici e geologici recenti o le moderne vedute satellitari hanno potuto confermare nella loro spaventosa esattezza. Leggere il saggio "L´enigma Valtorta".

Dal bollettino valtortiano I semestre 2009 (parte Iˆ)

di Jean-François Lavère
Traduzione dal francese di Claudia Vecchiarelli.



Più di sessant'anni fa, immobilizzata nel suo letto da un'infermità cronica, Maria Valtorta scrisse di proprio pugno, in appena quattro anni. migliaia di pagine manoscritte che sono già diffuse in più di venti lingue. 
Trattandosi di una “Vita di Gesù”, quest'opera non lascia indifferenti e suscita sempre appassionate reazioni. L'opera è così eccezionale che merita di essere annoverata tra i capolavori della letteratura universale. Offre la materia per un’inesauribile enciclopedia della vita di Gesù. Infatti quest'opera non solo integra la totalità dei quattro evangeli, ma ne ricostruisce tutto il contesto socioculturale. 
Quelli che conoscono l’opera classica Gesù nel suo tempo sono sorpresi. Leggendo Maria Valtorta, nel constatare che la realizzazione del disegno di Henri Daniel-Rops vi è di gran lunga superata. Maria Valtorta mostra una tale capacità nel far rivivere i personaggi e gli avvenimenti che alcuni dotti l'hanno paragonata al genio di uno Shakespeare. Questo si nota soprattutto nel realismo psicologico riguardante innumerevoli personaggi: agendo ognuno, per tutta l'opera, secondo l'età, il sesso, la professione, la sua situazione familiare e sociale, la sua formazione, le sue attitudini. 
I più grandi autori si sforzano di raggiungere questo scopo, ma tutt'al più non vi pervengono che per il personaggio che rappresenta sé stessi e per qualcuno vicino. È così che l'eroe del romanzo David Copperfield rappresenta di fatto l'autore Charles Dickens, così come Tom Sawyer ci restituisce interamente l'infanzia di Mark Twain. 
Inoltre, la successione degli avvenimenti riportati da Maria Valtorta trova molto naturalmente il suo posto nel quadro storico del primo secolo. Lo storico Elian Cuvillier, rendendosi conto che venti secoli di ricerche incessanti sulla cronologia della vita di Gesù sono apparsi poco fruttuosi, scrisse: "Lo storico ormai sa che è impossibile ricostruire con precisione la Vita di Gesù nel dettaglio ... Quanto a collocare questa o quella parola nel quadro della sua esistenza terrena, ciò è definitivamente impossibile". Chi legge la vita di Gesù nell'opera valtortiana ha la folgorante impressione di una cronologia coerente, completa e senza eguali: il puzzle è completato [È un miraggio?] 
Per quanto concerne i testi sacri Maria Valtorta ne manifesta una conoscenza così approfondita che l'eminente biblista Gabriele Allegra (autore della prima traduzione integrale della Bibbia in cinese) si disse stupefatto per "la sorprendente cultura scritturistica" di lei che "si serviva di una semplice versione popolare della Bibbia" (relazione scritta a Macao nel giugno 1970). 
Quanto alla geografia, per fissare le carte della Palestina ai tempi di Gesù gli eruditi (e specialmente i ricercatori ebrei) hanno dovuto consultare un cumulo di documenti tra i quali il Talmud, Giuseppe Flavio, le iscrizioni. le tradizioni, fonti archeologiche, ecc. Maria Valtorta nomina centinaia di luoghi e descrive con esattezza e forza dettagli di panorami, strade, corsi d'acqua, rilievi, monumenti, pur non disponendo praticamente di alcuna documentazione specializzata. 
Il più sorprendente è che Maria Valtorta, pur avendo una viva intelligenza ed una eccellente memoria, non aveva neppure terminato i suoi studi secondari.

Alcuni dettagli
L’opera trabocca di dati esatti dal punto di vista storico, tipografico, architettonico, geografico, etnologico, cronologico ecc. Inoltre Maria Valtorta fornisce spesso precisazioni conosciute solo da qualche erudito, in certi casi perfino totalmente sconosciute al momento della loro redazione, e che l'archeologia, la storia o la scienza hanno poi confermato. 
Lo studio di migliaia di dati, disseminati come per caso in quest'opera, ha permesso di costituire lungo gli anni la imponente base documentaria. Questa ricerca sistematica mette in luce la straordinaria precisione e l’insospettabile livello di coerenza e di credibilità di questa Vita di Gesù di Maria Valtorta. 
Prendiamo, per esempio, il caso di Caecilius Maximus, graduato dell'armata romana semplicemente nominato da M. Valtorta [5.329] in un breve dialogo tra due soldati romani all'inizio dell'anno 29. Nell'opera egli non riveste alcun ruolo. Il suo nome, sconosciuto dagli storici quando l’opera fu pubblicata, sembra pura invenzione. Eppure l’esistenza storica del personaggio è oggi convalidata dalla scoperta di una tavoletta d'argilla presso Pompei nel 1959, menzionante la presenza di Caecilius Maximus a Pozzuoli (Puteoli) nel luglio dell'anno 29. Coincidenza? 
Sorprendente è anche ciò che M. Valtorta chiama “le rovine ciclopiche dell'antica Hatzor" [3.160]. Certo, la scoperta del luogo risale al 1870, ma è stato necessario attendere la campagna di scavi iniziata nel 1955 (prosegue ancora nel 2008) per avere un'idea della sua estensione. Nessuno (prima di M. Valtorta nel 1945) ne aveva evocata la grandezza. Gli scavi coprono oggi una superficie di 80 ettari e costituiscono il più vasto cantiere archeologico di Israele! 
Altrove M. Valtorta descrive a lungo il luogo in cui avviene l'elezione apostolica: " ... una gola fra le colline … Fra l'una e l'altra collina rocciosa, scabra, che si apre a picco come un fiordo ... " [3.164]; e nel capitolo successivo scrive che Gesù “... scende, perché la sua caverna è la più alta. entrando di volta in volta nelle grotte ... " [3.165]. La descrizione è così dettagliata che il ricercatore può localizzare queste grotte molto prima di sapere, circa mille pagine dopo [360.6], che si tratta delle grotte di Arbela. 
Lo stesso per il monte del sermone sulla Montagna: “Poi il monte ha un altro balzo in altezza e sale con una salita piuttosto accentuata fino ad un picco, che poi si abbassa per rialzarsi di nuovo con un picco simile. in una bizzarra forma di sella" [3.169]. "La collina ha la vetta in forma di giogo, anzi, è più chiaro, in forma di gobba di cammello ... " [3.174]. La descrizione designa senza equivoco il luogo chiamato le Corna di Hattin. 
Quando più oltre M. Valtorta menziona un monte che "alle spalle di Efraim è proprio un gigante verde che domina sugli altri" [8.552], non può essere che l'attuale Tel Asour", che con i suoi 1011 metri è il punto culminante della Giudea-Samaria. 
Sono centinaia gli esempi che si raccolgono lungo tutta l'opera, sebbene questa scienza passi inosservata alla prima lettura. Tuttavia l'estrema esattezza geografica non è affatto il solo "enigma Valtorta".

La fuga in Egitto. 

Quando Maria Valtorta descrive il soggiorno della Santa Famiglia in Egitto sembra dapprima che ne ignori l'esatta localizzazione. Scrive: "Il luogo è in Egitto. Non ho dubbi, perché vedo il deserto e una piramide" [1.036], e un po' oltre: " ... il sole cala verso le sabbie nude, e un vero incendio invade tutto il cielo dietro la piramide lontana"[1.036]. "La piramide sembra più scura" [1.036]. Bisogna arrivare al volume seguente per apprendere che la fuga era terminata a Matarea: " ... non Lui che era fuggito oltre Matarea" [2.119]; "E sarà più triste del tuo primo genetliaco in Matarea" [2.133]; e poi al volume 4°: "Per quanto la bontà del Signore ci avesse fatto men duro l'esilio a Matarea, in mille modi" [4.247]. 
Matarea (oggi EI Matariya) è un quartiere dell'antica città di Heliopolis, posta a 20 Km a nord/nord-est delle tre piramidi di Gizeh. Era una terra ospitale per gli ebrei perseguitati, e ai tempi di Gesù vi dimorava una importante colonia giudaica. 
La menzione più antica di Matarea come rifugio della Santa Famiglia proviene dal vangelo gnostico detto "di Tommaso" del 2° secolo. Dopo quest'epoca, e fino ad oggi, si venera in questo luogo la "fontana della Vergine" e "l'albero di Maria", ricordati peraltro nel testo di M. Valtorta. Henri de Beauvau, nel Voyage au Levant (1615), nomina questo luogo: "La Matarea, luogo dove la Vergine si salvò con il suo caro figlio sfuggendo alla persecuzione di Erode ... ". Cornelis de Bruyn passa per Matarea nel 1685 e spiega: "È qui che si crede che Giuseppe e Maria scelsero la loro dimora quando si ritirarono in Egitto ... ". 
Perché M. Valtorta vede in questo luogo una sola delle tre piramidi? Bisogna rilevare che le piramidi di Gizeh erano orientate a sud-ovest/nord-est. Matarea si trova esattamente sul loro asse e dunque, solo in questo stretto settore, la piramide di Cheope nasconde effettivamente quelle di Chefren e di Micerino, situate proprio dietro di essa! L'utilizzo di un semplice articolo al singolare - "la" piramide - apporta un forte indice di autenticità alla visione di questa scena da parte di M. Valtorta.

La foresta pietrificata. 

Nel volume 4° [4.248], Gesù rievoca la sua prima infanzia in Egitto: " ... foreste pietrificate che si vedono sparse per la valle del Nilo e nel deserto egiziano. Erano boschi e boschi di piante vive ... Poi, per una ignota causa, come cose maledette, esse si sono non solo disseccate, come fanno le piante ... , ma pietra sono divenute. Pietra. La silice del suolo sembra essere salita per un sortilegio dalle radici al tronco, ai rami, alle fronde ... ". 
Queste foreste fossili sussistono ancora ai nostri giorni e specialmente quella situata a 17 km a sud-est di Matarea. Si tratta di Al-Ghaba Al-Motahagguéra (la foresta pietrificata) presso El Maadi. Questa foresta fu riscoperta verso il 1840 ma è rimasta poco conosciuta in Europa fino ai nostri giorni. Essa è ora molto minacciata dall'urbanizzazione e la zona restante (7 kmq) è stata classificata luogo protetto nel 1989 e fu iscritta nel patrimonio dell'Unesco nel 2003. E la teoria detta "sostituzione dalla silice" è una delle due sole teorie ritenute oggi per spiegare la formazione di questa foresta! 
Nuovi elementi del dossier dell' "enigma Valtorta"!

Indagine in Fenicia. 

Maria Valtorta nella sua opera, a più riprese, menziona Alessandroscene, antica città molto poco conosciuta ai nostri giorni. Ella dà descrizioni precise e dettagliate della sua posizione. 
"E la marcia continua per la pianura, che si restringe sempre più per l'avanzarsi delle colline verso il litorale, tanto che dopo un altro torrente, con l'indispensabile ponte romano, la strada in pianura diviene strada nel monte, biforcandosi al ponte con una meno ripida che si dilunga verso nord-est per una valle, mentre questa, scelta da Gesù, secondo l'indicazione del cippo romano: Alessandroscène - m. V°, è una vera e propria scala nel monte roccioso ed erto che tuffa il muso aguzzo nel Mediterraneo, che sempre più si spiega alla vista man mano che si sale. Solo pedoni e somarelli percorrono quella via, quella gradinata, sarebbe meglio detto ... " (Si può leggere il seguito in 5.328). 
Tutte queste descrizioni sono perfettamente esatte e verificabili oggi. 
Situato all'estremo nord di Israele, Roch Hanikra (o Ras el-Nakoura) spinge le sue falesie di gesso bianco nel Mediterraneo. I pellegrini cristiani avevano denominato questo luogo Scala Tyriorum, scale di Tiro. Alessandro il Grande avrebbe fatto scavare verso il 333 a.C. queste scale (o questi gradini) per i suoi soldati e le loro cavalcature. Poi esse furono usate dalle legioni romane e dai crociati. Luogo praticamente dimenticato ai nostri giorni, non ne rimane che qualche incisione del 190 secolo ... Proprio come M. Valtorta l'ha letto sul cippo romano, la città era effettivamente posta a 5 miglia romane (m. V°) (esattamente 7,5 km) dal luogo dove iniziano le scale di Tiro, come l'hanno confermato scavi recenti (a 4 km al nord della base militare dell'ONU di Naqurah). 
Ecco come era descritta questa regione nel 2007 da una guida turistica di Tiro: "Tra due promontori della costa fenicia - Ras el Bayada e Ras en Naqurah - si trovano le rovine di una considerevole città senza storia. se non che Alessandro il Grande vi dimorò dopo la cattura di Tiro. In suo onore fu costruita una città e fu chiamata Alessandroscene". Perfetta coincidenza con Maria Va1torta!.
Questa città esisteva ai tempi di Gesù, dato che il pellegrino di Bordeaux, nel 333, menziona di avervi fatto tappa. Ma nel 19° secolo non ne restava che qualche pietra. 
Una semplice foto di roch Hanikra giustifica quest'altra descrizione: "Il paese è raggiunto. Un mucchietto di case di pescatori messo a ridosso di uno sperone di monte che viene verso mare" [5.318]; e: "Gesù, guardando come fa da più lati, vede perciò una catena ondulata di monti che all'estremo nord-ovest e sud-ovest tuffa l'ultima propaggine in mare: a sud-ovest col Carmelo ... ; a nord-ovest con un capo tagliente come uno sperone di nave, molto simile alle nostre Apuane per vene rocciose biancheggianti al sole" [5.325]. 
Maria Valtorta ha descritto perfettamente nel 1945 la costa israelo-libanese, cosÌ come un'antica città dimenticata, figurante solo su qualche raro documento antico e conosciuta attualmente da pochi specialisti! 
"L'enigma Valtorta" continua ...

Coccodrilli in Giudea? 
Nella sua opera Maria Valtorta nomina in più occa­sioni, con molta giustezza e coerenza, la fauna e la flora della Palestina. Ma il lettore può essere sorpreso quando, venendo da Sicaminon e avvicinandosi a Cesarea, il grup­po apostolico vede dei piccoli sauri. Lo spazio qui non consente di riportare brani del gustoso dialogo suscitato dalla presenza di quei piccoli ma voraci coccodrilli, paragonati a "grossi lucertoloni". Rimandiamo il lettore al capitolo 254 dell'opera. 
La presenza di coccodrilli nella pianura di Saron certamente meraviglia e può sembrare anacronistico. Ma Plinio, nella sua Storia naturale, ricorda in questo luogo il Crocodilum flumen, e il geografo Stradone parla delle rovine di una città chiamata Krokodeilon polis (che l'archeologo R. Stieglitz ha portato alla luce nel 1999). 
L'esistenza di questi piccoli coccodrilli fu confermata da molti pellegrini nel corso dei secoli. Segnaliamo Jacques de Vitry (1230), R. Pockocke (1760), o Joseph Fr. Michaud che conferma nel 1831: "questi coccodrilli sono della specie più piccola". Poi Victor Guérin nel 1883 precisa: "ci sono dei piccoli coccodrilli in questo modesto fiume, e non bisogna bagnarcisi senza precauzione .... essi erano piccoli dai cinque ai sei piedi circa di lunghezza ... dei coccodrilli sarebbero stati trasportati un tempo dall'Egitto in Palestina". 
La riva e il ponte descritti da M. Valtorta [4.254] esistono anch'essi. La riva si chiama il Nahr ez Zerqa, e in Lands oJ the Bible,1881, McGarvey rileva i resti di un ponte antico, a 1,5 km dalla foce di questo fiume. Si può dunque dare credito o attenzione al dialogo che segue a questo incontro inatteso e che evidenzia il terrore provato da Marta di Betania, alla quale Gesù sembra preconizzare un futuro di donna coraggiosa [4.254]. 
È un dettaglio che può passare inosservato o sembrare enigmatico a lettori non francesi, ma ha senso per chi in Francia conosce l'antica tradizione provenzale delle Saintes- Maries-de-Ia - Mel'. 
La Legenda aurea (Giacomo da Varazze, 1255) vi racconta che Marta, superando la sua paura, liberò i rivieraschi del Rodano, nella valle d'Avignone, dalla Tarrasque, quel drago ne dalla lunga coda che divorava uomini e bestiame. Molti storici pensano che si trattasse probabilmente di un coccodrillo. Questo animale avrebbe raggiunto il Rodano dopo il naufragio di un battello che lo trasportava verso qualche vicino anfiteatro. La Tarrasque diwnne così il simbolo di Tarascona. 
Con i suoi scritti M. Valtorta, nello svelarci una curiosità storica poco conosciuta, rafforza lo. credibilità di una leggenda provenzale. Semplice e geniale ispirazione d'autore?

Tanti altri luoghi "dimenticati". 

La citazione o la descrizione di numerosi luoghi della Palestina, conosciuti nel 1944 solo da qualche raro erudito, furono una delle sorprese dell'eminente specialista Padre François Paul Dreyfus. Eccone alcuni dati: 
Jotapata [5.315], attuale Tel Yodefat, è perfettamente localizzata e descritta dalla Valtorta, mentre il luogo è stato riscoperto dagli archeologi solo negli anni 1992-1994. 
Magdalgad, piccolo paese sulla collina [3.220], è menzionato una sola volta nella Bibbia (Giosuè 15, 37). All'epoca della Valtorta l'ubicazione era ancora controversa. Identificata ora con la moderna AI-Majdal, a circa km. 4,8 a nord-est di Ascalona (in perfetta conformità con la descrizione valtortiana), il luogo è oggi inserito nel sobborgo di Ascalona. 
Lesendam. Laishem Dan, la città di La'ish, appare sotto questo nome una sola volta nella Bibbia (Giosuè 19,47). La Valtorta rievoca il passaggio di Gesù nelle vicinanze [5.330 e 5.331]. Tuttavia la riscoperta dell'antica città di Tel Dan (Tell el-Qadi), attuale nome dell'antica La'ish, non ebbe luogo che nel 1966 grazie agli scavi israeliani. 
Rohob. Antica capitale del regno aramaico, la città fu ostile a David. La Bibbia (Giudici 18,28) la situa nella regione di Laïsh, ma la posizione esatta resta ancora oggi sconosciuta. Alcuni congetturano che essa sarebbe l'attuale Hunin, ad una decina di chilometri a ovest di Banias, il che ben corrisponde alla menzione valtortiana per bocca di un pastore [5.330]: "lo pascolo tra Rohob e Lesemdan, proprio sulla strada che è di confine fra qui e Neftali". 
Doco. Ecco una città oggi totalmente scomparsa e dimenticata. Eppure la Valtorta la menziona una quindicina di volte nella sua opera come luogo di passaggio o di in­contro per chi costeggia il Giordano da nord a sud, attra­versa la Giudea da Betel a Gerico, o va verso la Decapoli venendo da Gerusalemme. Si tratta senza alcun dubbio di A'im Duk, situata ai piedi nord-est del Jebel Karantal. C'era lì, ai tempi di Gesù, una fortezza chiamata Docus dai romani. Fu lì che Simone Maccabeo fu invitato ad un banchetto dal genero Tolomeo e fu trucidato nel 135 a.C. (1 Maccabei 16, 11-17). 
Ramot. Ramoth en Galaad o Ramoth Gileat era, con Betser e Golan, una delle tre città di rifugio della Transgiordania date ai Leviti. Numerose volte menziona­ta nella Bibbia, l'ubicazione esatta di questa città è sempre stata discussa. Sono stati proposti tre siti principali: Tell er-Rumeith che fu scavata nel 1960 e comprende delle vestigia dell'Età del Ferro. Tuttavia alcuni pensano che il sito era troppo piccolo per corrispondere alla de­scrizione biblica. Tell el-Husn è un'altra possibilità, ma un cimitero mussulmano postovi sopra impedisce ogni scavo. La terza candidata è Ar-Ramtha, ma anche là, la città moderna sortavi sopra rende impossibili gli scavi. Nell'opera valtortiana Gesù con i suoi, venendo da Gerico e recandosi a Gerasa, fa tappa a Ramoth. Un mercante che li accompagna dice a Maria: "Vedi, o Donna, quel paese? È Ramot. Là ci fermeremo ... " [4.286]. Con la descrizione e uno schizzo manoscritto [4.287] la Valtorta situa Ramot nel luogo dell'attuale Es Salt, esattamente a metà percorso tra Gerico e Gerasa, tagliando questo percorso in due lunghe tappe di 33 km ciascuna. Ed è ancora più notevole quando si scopre che Es Salt è riconosciuta oggi dagli ar­cheologi come il luogo più probabile per Ramot! 
Sarebbe sicuramente possibile moltiplicare tali esempi, ma gli argomenti "sorprendenti" in quest'opera sono ancora così tanti che è necessario fermarsi. Segnaliamo solo che Maria Valtorta menziona con il loro nome più di 300 località, monti, fiumi, regioni e altri dati geografici, e li localizza con esattezza, il che è già notevole. Un'analisi completa richiederà un'opera voluminosa. 
Vorrei solo richiamare l'attenzione su un fatto ancora più inaspettato. Uno studio più approfondito sul testo dell'opera valtortiana permette di identificare numerosi altri luoghi senza storia e dei quali la Valtorta non conosce nemmeno il nome. Questi luoghi, sconosciuti dalle enciclopedie bibliche per il semplice fatto del loro anonimato, non possono dunque apparire nelle ricerche basate su una semplice indicizzazione del testo. Ora le descrizioni di questi luoghi anonimi si rivelano assolutamente esatte ogni volta che le nostre conoscenze attuali permettono di identificarli, sia che si tratti di corsi d'acqua, o di strade romane, o di monti, o delle più umili colline, o dei più modesti villaggi. Spesso la Valtorta, quando prova qualche difficoltà nel trovare le parole per descrivere ciò che "vede", aggiunge uno schizzo sul suo manoscritto. Tali disegni, benché tecnicamente molto maldestri, sono tuttavia preziosi per perfezionare certe descrizioni. 

Maria Valtorta raggiunge anche un grado tale di precisione e di esattezza che io personalmente non ho mai riscontrato nei numerosi autori di racconti di viaggi in Terra Santa, da me consultati durante questo studio. Potrei fornirne molti esempi, ma per esigenze di spazio posso darne uno solo. 
Nella primavera del secondo anno, Gesù con i suoi va in pellegrinaggio al Tempio per l'esame della maggiore età di Margziam e per la festa di Pasqua. Si avvicinano a Betel, venendo da Sichem: " ... una nuova salita molto ripida ... Giunti alla cima, ecco in lontananza splendere, già distintamente, un mare lucente, sospeso sopra un agglomerato bianco ... " [3.194]. Gesù dice allora a Margziam: 
"Vedi quel punto d'oro? È la Casa del Signore. Là tu giurerai di ubbidire alla Legge". Sapendo che sono a 25 km da Gerusalemme, questa osservazione di Gesù potrebbe sorprenderci. 
Ora, secondo i racconti dei pellegrini dei secoli passati, Gerusalemme (e dunque il Tempio) era visibile da molto lontano per chi veniva dal nord. Ma la testimonianza di Léonie de Bazelaire (Chevauchée en Palestine, 1899, p. 93) non lascia spazio al dubbio. Infatti, venendo da Nablus, dice di scorgere Gerusalemme come "massa biancastra in lontananza" da una collina che precede Betel, in esatta conformità con l'indicazione dataci dalla Valtorta. 
Gli esempi, che si possono moltiplicare, permettono di comprendere ciò che disse Gesù a Maria Valtorta: "Giorni or sono dicesti che muori col desiderio inappa­gato di vedere i Luoghi Santi. Tu li vedi, e come erano quando lo li santificavo con la mia presenza. Ora, dopo venti secoli di profanazioni venute da odio o da amore, non sono più come erano. Perciò pensa che tu li vedi e chi va in Palestina non li vede" (I quaderni del 1944, 3 marzo). 
Il lettore attento avrà notato che le descrizioni sono molto minuziose nei primi volumi e più contenute negli ultimi volumi, in conformità con le parole di Gesù alla scrittrice [5.297]: "Ti autorizzo ad omettere le descrizioni dei luoghi. Tanto abbiamo dato per i ricercatori curiosi. E saranno sempre 'ricercatori curiosi'. Nulla più. Ora basta. La forza fugge. Serbala per la parola. Con lo stesso animo col quale constatavo l'inutilità di tante mie fatiche, constato l'inutilità di tante tue fatiche. Perciò ti dico: serbati solo per la parola". 
Non c'è dubbio che l'opera di Maria Valtorta possa perfino essere l'origine di nuove scoperte archeologiche, quando gli specialisti in questo ambito avranno più pienamente preso coscienza della pertinenza e della ricchezza delle sue descrizioni.  

Maria Valtorta ci fa visitare Antiochia


Forse che Maria Valtorta è stata ad Antiochia... ai tempi di Gesù? È una domanda che viene spontanea se si analizzano i numerosi dettagli forniti dalla scrittrice su Antiochia e la sua regione... di quei tempi.
Venendo dal mare, il cretese Nicomede fa notare che "il vero porto di Antiochia è Seleucia, sul mare, alle foci dell'Oronte" [5.321]. Esatto. Porto di Antiochia, a nord della foce dell'Oronte, di cui V. Chapot studiò il sito nel 1907.
E ancora: "Quella che voi vedete è Seleucia, la più grande. L'altra, verso il mezzogiorno, non è città, ma rovine di un posto devastato". Esatto. È la vecchia colonia greca di Posidéion (Ai-Mina, che in arabo significa "il porto", è il suo nome moderno). Questa antica colonia greca, conosciuta nella mitologia e da qualche autore greco (Strabone), abbandonata circa 300 o 400 anni prima di Cristo, era un campo di rovine ai tempi di Gesù. Quando l'opera della Valtorta la evocava, nel 1944, solo qualche archeologo la conosceva, come ancora oggi.
Continua a spiegare: "Quella catena è il Pierio, che fa chiamare la città Seleucia Pieria". Esatto. Pieria è la catena montagnosa situata a nord di Seleucia.
"Quel picco più in dentro, oltre la pianura, è il monte Casio, che sovrasta come un gigante la pianura d'Antiochia". Esatto. Il monte, alto 1769 metri, conosciuto oggi con il nome di Gebel-Akra, che significa "la montagna calva", è chiamato "Casio" da Plinio e da Strabone.
"L'altra catena a settentrione è quella dell'Amano". Esatto. Il monte Amano separa la Siria dalla Cilicia.
Nel capitolo seguente si legge che "... prendono una strada presso le mura, finché escono da una porta costeggiando prima un fondo canale e poi il fiume stesso" [5.322]. Esatto. Il canale sarà ampliato più tardi da Tito e i ruderi sono ancora visibili ai nostri giorni.
Sintica esclama: "Quanti mirti!", e Matteo aggiunge: "E lauri!". Come nel primo libro delle Metamorfosi di Ovidio.
"Presso Antiochia è un luogo sacro ad Apollo", dice Giovanni di Endor; e Simone Zelote, che conosce il posto per esservi già stato, dice: "Vedrete una delle valli più belle del mondo. A parte il culto osceno e degenerato in orge sempre più luride, è una valle di paradiso terrestre...". E più sotto [5.322]: "In quella valle poetica è Darne col suo tempio e i suoi boschetti". Esatto. Il geografo Strabone dichiara che "gli Antiocheni vi tengono le loro panegirie" e Nonno di Panopoli, poeta greco del quinto secolo, menziona le "orge frigie" di Dafne.
Lo Zelote aggiunge: "... ecco Antiochia e le sue torri sulle mura", e all'osservazione di Pietro, che nota come questa città sia "molto fortificata", risponde: "Molto. Muraglie di altezza e larghezza grandiosa, oltre cento torri...".
Esatto. Nel 1861 Emile Isambert scrisse (in: Itinéraire de-scriptif, historique et archéologique de l'Orient, p. 618) che restano 50 torri delle 130 originali, le quali dimostrano il genio militare dei romani. "Anche il Silpio - rincara lo Zelote - ha messo le sue cime ad aiuto della difesa e a contrafforte delle mura...". Esatto. Oggi non resta nulla delle rovine di queste difese costruite sul monte Silpius, ma Louis-Francois Cassas, nel 18° secolo, ne traccia qualche disegno.

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Dopo un migliaio di pagine, nell'Opera di Maria Valtorta, una lettera di Sintica [7.461] fornisce molti altri dettagli su Antiochia, che allora era la terza città dell'Impero dopo Roma e Alessandria:
"... mentre scrivo... da una delle terrazze della casa vedo... il palazzo del Legato nell'isola...". Esatto. Libanio di Antiochia (314-394) scrive, in Oraison IX, che il palazzo del governatore occupava un quarto dell'isola. "... le sue vie regali, le sue mura dalle cento e cento torri poderose, e se mi volgo vedo la cresta del Sulpio che mi sovrasta con le sue caserme e l'altro palazzo del Legato". Esatto. Coincide con la descrizione che ne fa Libanio. I crociati fecero una cittadella con i resti di questo secondo palazzo fortificato.
E nel seguito della lettera [7.461]: "Una donna romana mi voleva nella sua splendida casa presso i Colonnati di Erode". Esatto. La storia e l'archeologia attestano di questo colonnato, ingrandito in seguito da Tiberio.
"Una vedova proselite,... abitante presso il ponte Seleucio...". Esatto. Questo ponte più volte ricostruito, ad ovest della città, esisteva ancora nel 1785.
"Una famiglia greco-assira, con empori in una via presso il Circo...". Esatto. Le rovine del Circo sono presso il palazzo del governatore.
"Ed eccomi in casa di Zenone sulle pendici del Sulpio, presso le caserme. La cittadella incombe minacciosa dalla vetta. Eppure, così arcigna come è, è migliore dei ricchi palazzi dell'Onfolo e del Ninfeo...". Esatto. L'Onfalo era il centro della città, dove si ergeva una imponente statua di Apollo. Il grandioso Ninfeo, che erogava acqua a tutta la città, fu abbattuto a seguito di un terremoto devastante, come riferisce Evagrio lo Scolastico (534-594) in Ecclesiastical History.
Non bisogna trascurare la menzione di Antigonio e dei giardini di Lazzaro, specialmente nel capitolo 323. Ancora ai nostri giorni gli archeologi ricercano tracce della città di Antigonio, contemporanea di Antiochia, il cui declino era già iniziato durante la conquista romana. Isambert, a pag. 619 dell'opera già citata Itinéraire descriptif..., la colloca a nord-est di Dafne presso Antiochia, in conformità con la descrizione di Maria Valtorta, mentre gli odierni archeologi la ricercano un po' più ad est.

Traduzione dal francese di Claudia Vecchiarelli © Centro Editoriale Valtortiano. Riproduzione riservata.

Pubblicato da Monica Pazzaglini alle 03:51 1 commento:
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sabato 26 agosto 2017

Dettati degli Arcangeli… rivelazioni sul presente e l’avvenire



Quando ancora ero giovane, praticamente nel secolo scorso, trovai un libro che ho poi sempre avuto caro.
Qui scusate, ma mi tornano in mente le parole di Giacomo Leopardi ne L’infinito: «Sempre caro mi fu quest’ermo colle…».
Il colle era ermo, solitario, il silenzio sovrumano e infinito, ma il cuore del poeta non si aprì tanto da sentir parlare Dio nel silenzio.
Visto che l’uomo scarseggia di attenzione, il Signore a volte gli viene incontro con dei segni ancora più forti.
Per esempio, con questo volumetto intitolato Dettati degli Arcangeli, Gabriele Michele e Raffaele – a Margherita Sampair. Il grande merito di averlo pubblicato è delle Edizioni Segno. Cliccando qui potete andare alla relativa pagina del loro sito.
Margherita Sampair è una madre di famiglia americana e cattolica, scelta per consegnare agli Stati Uniti e al mondo intero un messaggio grandioso.
Farò qualche breve citazione da alcuni capitoli, per darvi almeno un piccolo assaggio delle rivelazioni.

Il contenuto comprende in una prima parte gli eventi dell’Apocalisse, scatenati dalla follia umana ma controllati dall’onnipotenza di Dio. Già nelle pagine che ne parlano, tuttavia, lo sguardo è rivolto al bene e alla salvezza. Una seconda parte rivela il mondo meraviglioso del futuro, riservato a chi si sarà dimostrato fedele a Dio.

Vi è un posto preparato per voi da Maria, Regina del Cielo. Non abbiate paura e non correte qua e là cercando rifugio. Lasciate che questa confusione sorprenda quelli la cui fede è debole e i cui occhi sono bendati dalla nuova religione.
[…]
Dovete rimanere nelle vostre case finché Maria stessa verrà a condurvi a salvezza.
(Pag. 10)

Nessun luogo è sicuro come l’essere coperti dal Suo manto.
(Pag. 11)

Riesaminate i Suoi messaggi. Ella chiede innanzitutto preghiera, specialmente il Rosario. Chiede devozione verso Suo Figlio e meditazione degli avvenimenti della Sua vita, morte, risurrezione e ascensione. Vi chiede di pregare per le anime altrui, di fare sacrifici e penitenza da offrire a Dio in riparazione dei sacrilegi e della bestemmia che tanto imperversano oggi.
Vi chiede di cambiare la vostra vita e di vivere come veri cristiani.
(Pag. 11)

Ma gli atei e i comunisti sono stati già giudicati e saranno distrutti nel tempo di Dio, al passaggio di Dio.
(Pag. 27)

Che grido di dolore e di angoscia si leverà da quelli che credono di essere salvati perché portano il Suo nome! Poiché i loro cuori sono lontani da Lui, essi non saranno da Lui rivendicati.
Quelli che sono cresciuti freddi, senza amore e carità in loro, quelli che sono indifferenti, senza zelo nell’essere praticanti o accecati dall’eresia insegnata da teologi e sacerdoti, quelli che hanno praticato la limitazione delle nascite contro l’ordine del Papa; quelli che hanno sviato i piccoli con l’esempio e il falso ragionamento.
(Pag. 28)

[…] i figli di Maria non conosceranno la morte.
Essi saranno conservati vivi e salvi dalla Santissima Vergine e faranno da testimoni alla venuta di Cristo.
(Pag. 35)

Non tutti possono andare al posto sicuro. Esso è riservato ai figli di Maria. Non tutti coloro che pregano il Rosario possono andare. Esso è riservato a coloro che pregano per la pace come Maria ha chiesto a Fatima.
(Pag. 36)

Ora, quanto all’unica chiesa mondiale, la base è stata posta inavvertitamente da Papa Giovanni [XXIII] che convocò il Concilio Ecumenico in un sincero desiderio di portare tutti i cristiani insieme in un unico ovile.
Satana ha usato questo movimento per assecondare il suo piano.
(Pag. 39)

Il falso papa deve governare l’unica chiesa mondiale agli ordini di satana. Il primo atto sarà di rinnegare la Santissima Vergine Maria.
(Pag. 40)

Finché l’America non diventa una nazione consacrata alla Vergine e piena inoltre di uomini di Dio, nessun potere conosciuto dall’uomo può salvarla dalla distruzione totale. Non dalla propria mano sarà distrutta, ma dalla mano di Dio.
(Pag. 71)

Il segno della bestia è un numero di identificazione che dovrà essere tatuato sul braccio o sulla fronte. E’ il numero del capo del mondo che sarà il falso papa.
[…] A nessuno che non abbia questo segno sarà permesso di comprare o vendere.
(Pag. 98)

Maria è la porta stretta, perché attraverso Lei Gesù venne al mondo e attraverso Lei tutti devono venire a Gesù. Una volta attraversata questa porta stretta, la via è Cristo, che è Vita, Verità e Luce.
Molti attraversano la porta larga, che è satana. Egli rende facile la via perché tutti possano seguirlo.
(Pag. 112)

E finché esisterà la Nuova Terra, vi sarà anche un Nuovo Cielo. Ma alla fine, tutto sarà assorbito nell’unico bellissimo Cielo, dove l’eternità di stare vicino a Dio sarà così magnifica che nessuna descrizione sarebbe adeguata. «Il Cielo e la Terra spariranno, ma le Mie Parole non passeranno.»
(Pag. 129)

E’ davvero un piccolo libro pieno di meraviglie, e quello che vi ho riportato è solo un accenno.
Pubblicato da Monica Pazzaglini alle 16:27 Nessun commento:
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Nel mistero della Croce, Gesù e Maria



Non tutti sanno che la Madonna va onorata anche con il titolo di Corredentrice. Non solo perché offrì suo Figlio, il Signore Gesù, per la nostra redenzione e salvezza, partecipando alla sua vita e alle sue opere. La Madonna visse nel proprio corpo, misticamente, la Passione di Nostro Signore.
Di seguito, citiamo alcuni paragrafi da un’opera scritta per ispirazione divina, La mistica città di Dio di Suor Maria d’Agreda (1602-1665).
Più avanti, si legge:

Si può dire che fu flagellata, coronata di spine, schernita e schiaffeggiata, caricata della croce e su di essa inchiodata; provò infatti questi tormenti nel suo purissimo corpo e, benché il modo fosse diverso, ci fu anche una grande somiglianza: la Madre doveva essere la perfetta immagine del Figlio.

Se questa breve parte compendia il Mistero di Maria Corredentrice, l’intera citazione rivela dei momenti della Passione del Signore Gesù, che viene descritta in più capitoli dell’opera.
Leggere di come ha sofferto il Signore per noi deve servire a liberarci dalla durezza di cuore, e a farci comprendere il valore della Croce.

Intanto il nostro Maestro si rivolse al Padre così:

1380. «Dio eterno, alla vostra immensa maestà d’infinita bontà e giustizia offro tutto il mio essere umano unitamente alle azioni che ho compiuto per la vostra santissima volontà, allorché ho assunto, scendendo dal vostro seno, la carne passibile per redimere gli uomini. Con me vi offro mia Madre, il suo amore, le sue opere perfettissime, i suoi dolori, le sue preoccupazioni, le sue cure e la sua sollecitudine nel servirmi, nell’imitarmi e nell’accompagnarmi fino alla morte. Vi offro il piccolo gregge degli apostoli, la Chiesa dei fedeli che è ora e che sarà fino alla fine del mondo e con essa tutti i discendenti di Adamo. Tutti pongo nelle vostre mani, Signore onnipotente, e da parte mia sono pronto a soffrire e morire spontaneamente per loro, e desidero che siano salvi tutti coloro che vorranno seguirmi e trarre profitto dall’opera della redenzione: in virtù della grazia che ho acquistato per essi, da schiavi del demonio diventino vostri figli, miei fratelli e coeredi. Specialmente vi offro i poveri, i disprezzati, gli afflitti; essi sono i miei amici perché mi hanno seguito nel cammino della croce. Voglio che i giusti e i predestinati rimangano scritti nella vostra memoria eterna. Vi supplico di allontanare il castigo e sospendere il flagello della giustizia sugli uomini: non siano puniti come meritano le loro colpe e d’ora innanzi siate loro Padre, come siete mio Padre. Vi supplico similmente per coloro che con pio affetto assistono alla mia morte: illuminateli con la vostra luce divina. Vi prego per tutti quelli che mi perseguitano, affinché si convertano alla verità, e soprattutto per l’esaltazione del vostro ineffabile e santissimo nome».

1381. La Regina conobbe tale orazione e imitò il Maestro rivolgendosi all’Altissimo. Non dimenticò né tralasciò l’adempimento di quelle prime parole che aveva percepito dalla bocca del suo Unigenito appena nato: «Amica mia, diventate simile a me». Si stava ora adempiendo la promessa fattale dal Signore che, in contraccambio della vita umana da lei data al Verbo nel suo grembo verginale, egli le avrebbe comunicato una nuova vita di grazia, sublime e superiore a quella di tutte le creature. Questo beneficio avrebbe incluso la conoscenza di tutte le azioni della santissima umanità di suo Figlio: nessuna di esse poteva rimanerle celata e, nella misura in cui ella fu in grado di comprenderle, le imitò. Fu sempre sollecita nel fissarvi l’attenzione, profonda nel penetrarle, pronta e coraggiosa nell’eseguirle. Perciò non si lasciò turbare dal dolore, né ostacolare dall’angoscia o imbarazzare dalla persecuzione e tanto meno scoraggiare dall’amarezza della passione. Assistette al supplizio di Cristo non come testimone oculare alla maniera degli altri giusti, perché infatti così non avvenne. La sua esperienza fu unica e singolare in tutto: sentì nel suo corpo verginale le sofferenze esterne ed interne che egli pativa nella sua persona. Si può dire che fu flagellata, coronata di spine, schernita e schiaffeggiata, caricata della croce e su di essa inchiodata; provò infatti questi tormenti nel suo purissimo corpo e, benché il modo fosse diverso, ci fu anche una grande somiglianza: la Madre doveva essere la perfetta immagine del Figlio. Tale esperienza singolare racchiuse un ulteriore mistero: recare soddisfazione all’amore di Gesù, alla sua passione e al divino consenso che questa stessa fosse ricopiata in una pura creatura. Nessun’altra aveva tanto diritto a ciò quanto lei.

1382. Per poter segnare i fori dei chiodi sulla croce, i carnefici comandarono con alterigia e tracotanza al Creatore dell’universo – o temerarietà inaudita! – di stendersi sopra di essa; il Maestro dell’umiltà obbedì senza opporre resistenza. Con inumano e crudele istinto disegnarono i fori non in proporzione alla grandezza del corpo, ma più distanti al fine di poter fare quello che in seguito eseguirono. La Signora della luce venne a conoscenza di tale nuova crudeltà e questa fu una delle maggiori afflizioni che soffrì il suo purissimo cuore in tutta la passione. Penetrò infatti le intenzioni depravate degli sbirri e previde il martirio che suo Figlio avrebbe dovuto sopportare nel momento in cui sarebbe stato inchiodato sulla croce. Non si poté tuttavia rimediare perché il Redentore stesso voleva sottoporsi a una simile tortura per la salvezza degli uomini. Quando si rialzò, perché si potesse forare il duro legno, accorse Maria vicino a lui, lo tenne per un braccio, lo adorò e gli baciò la mano con sommo rispetto. I carnefici permisero che ciò accadesse perché credevano che, alla vista di lei, Gesù si sarebbe ancora più contristato e non volevano risparmiargli nessun dolore. Non compresero però il mistero: in quell’occasione egli non ebbe maggiori consolazioni né provò gioia interiore più grande che quella di vedere la sua santissima Madre e la bellezza della sua anima. In essa scorse riflesso il ritratto di se stesso e la pienezza del frutto della sua passione e morte.

1383. Fatti i fori nella croce, i carnefici gli comandarono per la seconda volta di stendersi sopra di essa per inchiodarlo. Egli obbedì pazientemente e stese le braccia sul felice legno: era spossato, sfigurato ed esangue, a tal punto che, se nell’empietà ferocissima di quegli uomini avessero potuto trovare spazio la naturale ragione e il senso di umanità, non sarebbe stato possibile per la crudeltà accanirsi sull’innocente e mansueto Agnello, afflitto dalle piaghe e dai dolori. Ma non fu così, perché i giudei e i suoi nemici – o giudizi terribili e occultissimi del Signore! – furono afferrati dall’odio e dalla malvagia volontà del demonio e persero completamente i sentimenti di cui gli uomini sensibili sono capaci; agirono pertanto con rabbia e furore diabolici.

1384. Subito uno dei carnefici prese la mano di Cristo e la tenne premuta sopra il foro mentre un altro ne conficcò, penetrando a forza di martellate, il palmo con un chiodo angolato e grosso. Si ruppero le vene, i nervi e le ossa di quella santissima mano che aveva creato i cieli e ogni essere vivente. Non era possibile inchiodare l’altra, giacché il braccio non arrivava al buco; i nervi, infatti, si erano contratti perché il foro era stato fatto maliziosamente più distante. Per rimediare a questo difetto, presero la catena con la quale il Signore era stato legato nell’orto degli Ulivi, ne avvolsero il polso con una estremità dove c’era un anello con manette, e con una ferocia inaudita tirarono dall’altro estremo finché riuscirono a portare la mano sul buco e la inchiodarono. Passarono poi ai piedi: ne misero uno sopra l’altro, li incatenarono e, tirando con forza e crudeltà, li fissarono usando un terzo chiodo più forte degli altri due. Il sacro corpo, unito alla divinità, rimase attaccato saldamente alla croce; ogni suo membro, formato dallo Spirito Santo, fu talmente reciso e lacerato che si potevano contare le ossa: quelle del petto e delle spalle erano tutte slogate, esposte e fuori dalla posizione naturale, avendo ceduto alla violenta crudeltà dei carnefici.

1385. I dolori del Signore furono incredibilmente grandi e non si può esprimere con le parole la sofferenza che patì. Solamente nel giorno del giudizio si avrà una conoscenza più chiara, quando la condanna dei reprobi sarà giustificata e i santi lo loderanno e glorificheranno adeguatamente; ma in questo momento in cui la fede ci permette, anzi ci obbliga ad esprimere il nostro giudizio, se l’abbiamo, io supplico e prego i figli della Chiesa che ciascuno personalmente consideri questo venerabile mistero, lo ponderi e lo soppesi con tutte le sue circostanze. Sicuramente troveranno motivi efficaci per aborrire il peccato, per non commetterlo più, essendo stato la causa dell’indicibile sofferenza dell’Autore della vita. Consideriamo anche e contempliamo lo spirito della Vergine, il suo purissimo corpo oppresso e abbattuto dai tormenti: sono la porta della luce attraverso la quale entreremo a conoscere il sole che ci illumina. O Regina delle virtù! O Madre dell’immortale Re dei secoli, il Verbo incarnato! Purtroppo è vero che la durezza dei nostri cuori ingrati ci rende inetti, indegni e incapaci di sentire i vostri dolori e quelli del vostro Unigenito; ma ci sia concesso, per vostra clemenza, questo bene che non siamo in grado di guadagnare. Purificateci e liberateci dall’indolenza, dall’ingratitudine e dalla villana rozzezza. Se noi siamo la causa di tali e tante afflizioni, per quale ragione, o giustizia, queste debbono essere sopportate solo da voi e dall’amato Salvatore? Passi il calice degli innocenti ai colpevoli, che lo bevano perché lo meritano. Ma ahimè! Dov’è il senno? Dove il lume dei nostri occhi? Chi ci ha privato dei sensi? Chi ci ha rubato il cuore sensibile e umano? Quand’anche, Signore mio, non fossi stata creata a vostra immagine e somiglianza, quand’anche non avessi ricevuto da voi il dono della vita, quand’anche tutti gli elementi e gli esseri formati dalla vostra mano e posti al mio servizio non mi avessero annunciato la notizia sicura del vostro immenso amore, lo zelo infinito per cui vi siete lasciato inchiodare sulla croce avrebbe dovuto essere sufficiente per stringermi a voi con catene di compassione, di riconoscenza, di carità e di confidenza nella vostra ineffabile misericordia. Ma se non mi risvegliano tante voci, se il vostro ardore non mi accende, se la vostra passione e i vostri tormenti non mi commuovono, se i benefici ricevuti non mi obbligano, quale fine mai devo sperare della mia stoltezza?
Fonte:
http://rosarioonline.altervista.org/libri/la%20mistica%20citta%20di%20Dio/index.php?dn=6-22

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